Dossier:

L'angelo e lo specchio a cura di Enrico Castronovo

Il mito di Orfeo nel cinema di Jean Cocteau
1 Parte - 2 Parte - 3 Parte - 4 Parte - 5 Parte - 6 Parte - 7 Parte - 8 Parte

Orphée dal palcoscenico allo schermo

Ma prima di affrontare la questione del trattamento del mito di Orfeo da parte di Cocteau, bisogna spiegare le circostanze che portarono alla nascita della pièce che porta il suo nome. Scritta durante l’estate del 1925, cioè nella fase centrale del periodo di conversione di Cocteau, essa porta i segni dello stato quasi mistico in cui si trovava l’autore in quei mesi. Ma all’origine il rapporto di Orphée con la religione cristiana era molto più evidente:

Ma pièce Orphée devait être primitivement une histoire de la Vierge et de Joseph, des ragots qu’ils subirent à cause de l’ange (aide-charpentier), de la malveillance de Nazareth en face d’une grossesse inexplicable, de l’obligation où cette malveillance d’un village mit le couple de prendre la fuite.
L’intrigue se prêtait à de telles méprises que j’y renonçai. Je lui substituai le thème orphique où la naissance inexplicable des poèmes remplacerait celle de l’Enfant Divin.
L’ange y devait jouer un rôle, sous l’aspect d’un vitrier.

Dunque Orphée è il risultato della laicizzazione di un dramma biblico. Il motivo di questa flessione è fornito dallo stesso Cocteau: un dramma in cui dei personaggi accusassero la Madonna di adulterio e l’Arcangelo di fornicazione non era ovviamente accettabile da parte dell’ambiente cattolico che frequentava in quegli anni Cocteau, per quanto aperto potesse essere il circolo di Maritain. Ma un’altra motivazione che potrebbe essere addotta è che il tema orfico ha una portata più universale di quello biblico, e permette di trattare più direttamente è con più libertà la questione della poesia; ciò è inoltre da mettere in relazione con la preferenza, già citata, che Cocteau accorda al mito piuttosto che alla Storia.
Andato in scena per la prima volta a Parigi, al Théâtre des Arts, il 17 giugno 1926, Orphée si presenta come una tragedia in un atto e un intervallo che tratta le vicende di Orfeo e della sua sposa rispettando in maniera abbastanza fedele le tradizioni attestate del mito. Il protagonista è il poeta Orfeo, sposo di Euridice, da lui sottratta alla partecipazione alle nefandezze della Baccanti. Avendo perduto sua moglie, egli si reca nell’aldilà ottenendo dalle potenze infernali di avere indietro Euridice, a patto di non guardarla. Orfeo disobbedisce alla prescrizione, e perde Euridice per la seconda volta. Egli muore per mano delle Baccanti furiose che lo decapitano e raggiunge la sua sposa nell’aldilà. Cocteau, riprendendo lo schema minimo del mito, si basa sugli scrittori classici che hanno trattato il mito di Orfeo, soprattutto su Virgilio che nel libro quarto delle Georgiche ne codifica in maniera definitiva la struttura. Tutti gli elementi del mito tradizionale sono ripresi, ma vengono arricchiti ed accompagnati da alcune novità. Non mancano inoltre riferimenti ad Ovidio, a Pausania ed a Schuré.
Per facilitare la comprensione dell’analisi che segue, è necessario riassumere l’intreccio del dramma. Il sipario si alza su Orfeo che decifra i messaggi trasmessi a colpi di zoccolo da un misterioso cavallo, ed Euridice che gli rimprovera di dedicare troppa attenzione a questo animale; a causa sua scoppia una lite, al culmine della quale Orfeo rompe un vetro della finestra per fare salire a casa Heurtebise, vetraio ambulante, sospettato di essere in rapporti troppo intimi con Euridice. Orfeo esce per inviare una sua composizione, dettatagli dal cavallo, ad un concorso nazionale di poesia, ed Euridice ne approfitta per chiedere consiglio a Heurtebise riguardo all’intrattabilità di Orfeo dal giorno in cui il cavallo è entrato nelle loro vite. Euridice lecca il veleno nascosto in una busta inviatale da Aglaonice, capo di un circolo di donne dai costumi anticonformisti di cui Euridice faceva parte, e in punto di morte manda Heurtebise a cercare Orfeo. E’ a questo punto che entra in scena la Morte, accompagnata da due aiutanti, che mette in opera strani macchinari per fare morire Euridice, e che uccide il cavallo con una zolletta di zucchero avvelenata che Heurtebise aveva destinato allo stesso scopo. Ad Orfeo, disperato nel trovare sua moglie morta tornando a casa, Heurtebise rivela “le secret des secrets”: è possibile raggiungere il regno dei morti passando attraverso lo specchio. E’ quello che Orfeo farà, col pretesto di restituire alla Morte un paio di guanti che aveva dimenticato. Heurtebise rimane solo, arriva un postino che recapita una lettera. Dopo un brevissimo intervallo, si ripete la scena del postino, seguita dal ritorno su scena di Orfeo che ha recuperato Euridice a condizione di non guardarla, sotto pena di perderla nuovamente. Ma i tentativi di rispettare questa condizione innervosiscono i due coniugi, che tornano a litigare a causa del passato di Euridice. Orfeo, spinto da Euridice, perde l’equilibrio e la guarda: Euridice scompare. Fingendo di avere causato la sua morte premeditatamente, Orfeo apre la lettera che era stata recapitata durante il suo viaggio nell’aldilà: è una lettera minatoria anonima. Si ode un insistente rullo di tamburi: sono le Baccanti capeggiate da Aglaonice, che reclamano la testa di Orfeo. Secondo loro, l’acrostico della frase inviata da Orfeo al concorso di poesia, “Madame Eurydice reviendra des enfers”, forma una parola ingiuriosa nei confronti della giuria. Orfeo si affaccia sul balcone per calmarle, viene decapitato e la sua testa rimbalza sulla scena. Euridice si sporge dallo specchio per portare con sé il corpo invisibile di Orfeo. Entra il Commissario per interrogare Heurtebise, sospettato dell’omicidio; secondo la sua versione dei fatti, le Baccanti erano venute ad acclamare Orfeo, e lo hanno visto sporgersi insanguinato al balcone e cadere morto. Durante l’interrogatorio Heurtebise fugge non visto dentro lo specchio; è la testa di Orfeo, che Heurtebise aveva poggiato su un piedistallo a guisa di busto, a rispondere alle domande del Commissario. Questi si accorge della fuga ed esce di scena portando con sé la testa. Nell’ultima scena vediamo il trio riunito nell’aldilà: i personaggi pranzano insieme nella più completa serenità. Accingendosi a mangiare, Orfeo recita una preghiera:

Mon Dieu, nous vous remercions de nous avoir assigné notre demeure et notre ménage comme seul paradis et de nous avoir ouvert votre paradis. Nous vous remercions de nous avoir envoyé Heurtebise et nous nous accusons de n’avoir pas reconnu notre ange gardien. Nous vous remercions d’avoir sauvé Eurydice parce que, par amour, elle a tué le diable sous la forme d’un cheval et qu’elle en est morte. Nous vous remercions de m’avoir sauvé parce que j’adorais la poésie et que la poésie c’est vous. Ainsi soit-il.

copyright