Orphée dal palcoscenico allo schermo
Abbiamo visto come il mitologema orfico è stato trattato da Cocteau, facendolo rientrare coerentemente nella sua poetica. Ma va anche osservato che il film che stiamo analizzando presenta alcuni spunti autobiografici che legano ancora di più le vicende di Orfeo alla storia personale di Cocteau.
Sergej Diaghilev, impresario dei Ballets Russes, è a quanto pare il responsabile del profondo cambiamento che portò Cocteau a scrivere Le Potomak ed a rinnegare le sue precedenti raccolte poetiche. Egli infatti, dopo una serata a teatro, avrebbe pronunciato all’indirizzo del giovane poeta due parole che non sarebbero rimaste sterili. Cocteau racconta:
Une nuit de 1912, je nous vois place de la Concorde. Diaghilev rentre après le spectacle, la mâchoire en désordre, l’œil humide comme l’huître portugaise, le chapeau minuscule juché sur son chef énorme. […] J’étais à l’âge absurde où l’on se croit poète et je sentais chez Diaghilev une résistance polie. Je l’interrogeais : « Etonne-moi, me répondit-il ; j’attendrai que tu m’étonnes. » Cette phrase me sauva d’une carrière de brio. Je devinai vite qu’on n’étonne pas un Diaghilev en quinze jours. De cette minute je décidai de mourir et de revivre. Le travail fut long et atroce. Cette rupture… je la dois, comme tant d’autres, à cet ogre, à ce monstre sacré, au désir d’étonner ce prince russe qui ne supportait de vivre que pour susciter des merveilles.
Diaghilev, in quella serata del 1912, ha inconsapevolmente esercitato su Cocteau l’autorità paterna di cui egli aveva bisogno per evitare una carriera frivola e mondana, e per consacrarsi ad un’attività poetica più profonda. Pochi anni dopo infatti Cocteau si lascerà alle spalle i componimenti di stile ed estetizzanti con cui aveva cominciato a farsi conoscere per creare opere molto più originali come Le Potomak e Parade. Non a caso egli parla di morte e resurrezione, apparentando già la sua carriera a quella del cantore mitico.
Trentasette anni dopo l’esclamazione di Diaghilev, Cocteau se ne ricorderà nel suo film Orphée. Nella prima sequenza, Orfeo conversa con un intellettuale che gli fa notare come il pubblico cominci a preferire le poesie dei giovani autori del Café des Poètes a quelle del bardo nazionale. Orfeo gli chiede:
ORPHEE – Mon cas est-il sans appel ?
LE MONSIEUR – Non. S’il l’était, vous ne provoqueriez pas de haine.
ORPHEE – Que faut-il donc que je fasse ? Que je me batte ?
LE MONSIEUR – Etonnez-nous.
All’inizio del film Orfeo è un poeta in crisi, come lo era Cocteau nel 1912. Un altro artista gli fa notare che il pubblico ha bisogno di essere scosso, di essere stupito. Altrove, nel film, Orfeo spiega ad Euridice: “Je somnolais sur mes lauriers. Il est capital que je me réveille”. E nell’Orphée teatrale troviamo una battuta che corrisponde a questa: “Il faut jeter une bombe. Il faut obtenir un scandale. Il faut un de ces orages qui rafraîchissent l’air. On étouffe. On ne respire plus”. Orfeo-Cocteau si è svegliato ed ha scritto Le Potomak, lo scandalo c’è stato e si chiamava Parade. Come Cocteau, Orfeo devia dalla strada intrapresa per seguire un altro ideale poetico. Cocteau decise di morire e rinascere; Orfeo, poche scene dopo, intraprende il suo primo descensus ad inferos.
Ma le corrispondenze biografiche non si fermano qui: il Café des Poètes dove ha luogo il primo incontro fra Orfeo e la principessa è esplicitamente paragonato, nella sceneggiatura del film, al Café de Flore di Parigi, famoso ritrovo di Sartre, Beauvoir, Prévert, Vian, insomma di coloro che nel periodo in cui si svolgevano le riprese di Orphée formavano il gruppo esistenzialista. Orfeo soffre del paragone che il pubblico fa tra la sua poesia e quella degli avventori del Café des Poètes, e si rende conto della distanza che separa la sua condizione dalla loro. Allo stesso modo, Cocteau soffriva nel rendersi conto che la generazione di cui lui faceva parte costituiva oramai la vecchia guardia rispetto ai nuovi intellettuali di cui Jean-Paul Sartre era il capofila. Gli esistenzialisti rappresentavano i nemici di Cocteau come quegli intellettuali sono visti da Orfeo come nemici. La cosa è tanto più evidente se pensiamo che Cocteau ha scelto per interpretare il ruolo di Aglaonice Juliette Gréco, la musa del Quartiere Latino. Se pensiamo all’Orphée teatrale, possiamo analogamente identificare nel gruppo delle Baccanti i seguaci di André Breton, i Surrealisti, che affermavano esplicitamente di volere la testa di Cocteau. Nella figura del cavallo possiamo forse leggere la tentazione surrealista a cui Cocteau si è mostrato sensibile pochi anni prima della stesura di Orphée, e che lo portò alla brusca rottura col gruppo. A questi elementi bisogna aggiungere che nel film Orfeo è vittima, come lo fu Cocteau per molte delle sue pubblicazioni, di accuse di plagio proveniente dai gruppi intellettuali avversari.
Attraverso questi dettagli, Cocteau è riuscito a portare a termine completamente l’identificazione orfica. Del resto nel film successivo ad Orphée, Le Testament d’Orphée, l’identificazione sarà totale: non ci sarà più bisogno di affidare il ruolo del poeta ad un attore, per quanto l’attore in questione, Jean Marais, fosse intimamente legato all’autore. Stavolta il poeta si mostrerà a viso scoperto: il Poeta è Orfeo.
Per concludere, bisogna vedere quale sia il rilievo dato al mito di Orfeo negli altri due film che, insieme ad Orphée, costituiscono quello che la critica tradizionalmente chiama il ciclo orfico. Paradossalmente, Le Sang d’un poète contiene più riferimenti ad Orfeo che non Le Testament d’Orphée. In quest’ultimo film, infatti, Orfeo è poco più che nominato nel titolo. Egli viene presentato come una delle ossessioni costanti di Cocteau insieme ad Edipo (“toujours cet « Orphée », toujours cet « Œdipe » ! ”), ma del mito tradizionale non resta molto. Come Orfeo, il protagonista del film, Jean Cocteau, compie un viaggio iniziatico, alla cui estremità si trova la morte, seguita da una resurrezione immediata. Ma il particolare carattere nombrilistico del film non permette di trovare altre congruenze. Cocteau stesso spiega:
Le Testament d’Orphée : ce titre n’a aucun rapport direct avec mon film. Il signifiait que je lègue ce dernier poème visuel à tous les jeunes qui m’ont fait confiance malgré l’incompréhension totale dont mes contemporains m’entourent.
Il film non ha alcun rapporto con il mito di Orfeo. In esso ritroviamo tutti i personaggi mitici della Machine infernale, Atena, Isotta, ma Orfeo è solamente citato. Questo avviene proprio perché l’identificazione è completa fra i due poeti: con questo film il vecchio Orfeo, tre anni prima di passare definitivamente dall’altro lato dello specchio, lancia un messaggio alla nuova generazione che non cesserà mai di sostenerlo.
Diverso è il discorso per Le Sang d’un poète: benché questo primo film sia, come l’ultimo, una sorta di summa dei temi e delle ossessioni ricorrenti nell’opera di Cocteau, in esso un rapporto con la vicenda di Orfeo è riscontrabile in maniera molto più diretta, anche se non perfettamente esplicita. Anche qui un poeta, anzi il Poeta, compie un viaggio attraverso lo specchio alla ricerca delle origini della poesia. Anche qui il Poeta muore, risorge e muore ancora una volta fino a raggiungere l’immortalità. L’analogia con Orfeo è evidente. Inoltre nella scena del primo suicidio del Poeta, egli è rappresentato con la corona d’alloro, e i rivoli di sangue che gli sgorgano dalle tempie vengono a formare dei lembi di tessuto, che lo ricoprono drappeggiandosi; egli è dunque raffigurato secondo gli schemi correnti dell’iconografia classica, coronato d’alloro e vestito di una tunica. Del resto un indizio del legame che profondamente lega Le Sang d’un poète ad Orphée ci è fornito dallo stesso Cocteau:
La nécessité pour le poète de traverser des morts successives et de renaître sous une forme plus proche de sa personne est la base du Sang d’un poète. Thème joué avec un doigt, et pour cause, puisque j’inventais un métier que je ne connaissais pas. Dans Orphée, j’orchestre le thème. C’est pourquoi les deux films s’apparentent à vingt ans de distance.
Affermare che il film che si ispira direttamente alle vicende di Orfeo è l’orchestrazione del Sang d’un poète, vuol dire ammettere che all’interno di quest’ultimo erano già presenti in nuce tutti gli elementi del mitologema.
Abbiamo così tentato di dimostrare in quale maniera ed in quale misura Jean Cocteau è riuscito ad inserire nel suo universo letterario e mitico una storia, quella di Orfeo ed Euridice, che è nata in tempi e luoghi lontanissimi da lui, trovandola perfettamente concorde col suo personale modo di sentire e di concepire la poesia, la morte e la missione del poeta
|