Orphée dal palcoscenico allo schermo
E’ nel settembre 1949 che cominciano le riprese di Orphée, quinta nonché penultima regia di Cocteau; il film verrà presentato per la prima volta a Cannes nel marzo successivo. Fra Le Sang d’un poète e Orphée ci sono vent’anni e tre film di distanza: Cocteau aveva già realizzato La Belle et la Bête, L’Aigle à deux têtes e Les Parents terribles. Di questi film, gli ultimi due sono degli adattamenti da precedenti opere teatrali dello stesso Cocteau. Per Orphée, decisamente, non si può dire lo stesso: anche se il titolo ed i nomi dei personaggi restano invariati, in questo caso non si può parlare di adattamento. Per L’Aigle à deux têtes e Les Parents terribles, si trattava di mettere in scena lo stesso dramma, ma da un punto di vista differente; l’interesse di una trasposizione cinematografica stava nella diversa tipologia di fruizione da parte del pubblico:
J’ai eu, cette fois, le dessein de porter à l’écran une pièce de théâtre en lui conservant son caractère théâtral. Il s’agissait, en quelque sorte de me promener, invisible, sur la scène, et de saisir les innombrables aspects, nuances, violences et regards qui échappent au spectateur, incapable de les suivre en détail, d’un fauteuil d’orchestre.
Ajouterai-je que j’avais remarqué la force prise par un spectacle de théâtre dès qu’on le regarde à vol d’oiseau, des cintres par exemple, c’est-à-dire sous un angle d’indiscrétion ? Le public, enfermé avec les personnages dans une chambre à laquelle manque un mur, les écoute de plain-pied et sans le caractère mystérieux conféré aux spectacles intimes par la forme capricieuse du trou de serrure.
L’autore non fa altro che cambiare il punto di vista. Questi due esperimenti cinematografici servono quasi come dimostrazione pratica della differenza fra teatro e cinema: attraverso i due film in questione Cocteau dimostra che con gli attori di un film si può instaurare un corpo a corpo in absentia paradossalmente impossibile da realizzarsi a teatro, dove gli attori in carne ed ossa si muovono sotto gli occhi dello spettatore, ma irrimediabilmente e definitivamente separati dalla distanza fra scena e platea e dalla fissità immobile del punto di vista. Con il film è come se lo spettatore si trovasse sul palco, accanto agli attori, e potesse seguirli invisibile ed indisturbato ed osservarli a suo piacimento; non sfuggano, nella citazione precedente, i riferimenti espliciti al cinema come pratica voyeuristica, aspetto cui abbiamo precedentemente fatto cenno.
Totalmente diverso è il discorso per Orphée. A venticinque anni di distanza dalla pièce Cocteau riprende il mito orfico per dargli un nuovo rilievo. Il rapporto fra la sceneggiatura del film ed il testo teatrale è profondo, ma non c’è identità quasi assoluta come per gli altri due adattamenti. Solamente alcune battute, in alcuni punti topici, sono riprese in maniera piuttosto fedele ma con qualche taglio rispetto al testo del 1925. Vediamo a titolo esemplificativo la differenza fra le due realizzazioni della stessa scena, di grande rilievo nell’economia dell’opera, in cui Orfeo spiega a sua moglie la crisi poetica che sta attraversando. Questo il testo teatrale:
EURYDICE – Ta vie se passe à dorloter ce cheval, à interroger ce cheval, à espérer que ce cheval va te répondre. Ce n’est pas sérieux.
ORPHEE – Pas sérieux ? Ma vie commençait à se faisander, à être à point, à puer la réussite et la mort. Je mets le soleil et la lune dans le même sac. Il me reste la nuit. Et pas la nuit des autres ! Ma nuit. Ce cheval entre dans ma nuit et il en sort comme un plongeur. Il en rapporte des phrases. Ne sens-tu pas que la moindre de ces phrases est plus étonnante que tous les poèmes ? Je donnerais mes œuvres complètes pour une seule de ces petites phrases où je m’écoute comme on écoute la mer dans un coquillage. Pas sérieux ? Que te faut-il, ma petite ! Je découvre un monde. Je retourne ma peau. Je traque l’inconnu.
Nella sceneggiatura del film troviamo invece :
EURYDICE – Orphée, tu ne peux pas passer ta vie dans une voiture qui parle. Ce n’est pas sérieux.
ORPHEE – Pas sérieux ? Ma vie commençait à se faisander, à puer la réussite et la mort. Ne comprends-tu pas que la moindre de ces phrases est plus étonnante que tous mes poèmes ? Je donnerais mon œuvre entière pour une de ces petites phrases. Je traque l’inconnu.
I tagli e le modifiche apportati al testo di partenza sono evidenti. Si può dire che Cocteau tratta il suo stesso testo come aveva trattato precedentemente i testi di Sofocle e di Shakespeare, eliminando il superfluo e badando soprattutto alla linearità della drammaturgia. Esempi di contrazione della versione teatrale nella sceneggiatura del film sono riscontrabili in vari punti, ma questa citazione è sufficiente per comprendere il tipo di modifica attuata.
Insomma, nel caso di Orphée l’esigenza della trasposizione cinematografica è motivata diversamente: “un film était propre à mettre en œuvre les incidents de frontière qui séparent un monde de l’autre”. Abbiamo visto come per Cocteau una delle qualità caratteristiche del cinema consisteva nella possibilità di mostrare l’invisibile, di rendere reale l’irreale; ed è chiaro quanto questa possibilità fosse allettante nel caso di un intreccio in cui i personaggi entrano ed escono dagli specchi, muoiono e risorgono, cambiano incessantemente dimensione. Il mezzo filmico permette inoltre di mostrare al pubblico il viaggio di Orfeo nell’aldilà, che nella versione del 1925 avviene fuori scena. Quale mezzo migliore di un film, allora, per rendere evidente il rapporto fra i due mondi di cui partecipa il poeta, e per mostrare in maniera realista (nel senso in cui lo intende Cocteau) il mondo che si apre oltre lo specchio?
Diversamente che per i due film cui abbiamo rapidamente fatto cenno, le differenze fra i due Orphée sono tante e significative. I personaggi restano grosso modo gli stessi: Orfeo, Euridice, Heurtebise, la Morte. Se i caratteri della coppia terrena non subiscono modifiche di rilievo, per gli altri due bisogna fare un discorso a parte. Nel film Heurtebise non è più un angelo, ma lo spettro di un giovane suicida: ecco riapparire il tema del suicidio, che tanta parte ha avuto nella vita e nell’opera di Cocteau. Da angelo-vetraio che era nella pièce, egli diventa un giovane morto, entrato a far parte dell’organizzazione burocratica, per così dire, che presiede alle comunicazioni fra il mondo dei vivi e quello dei morti. Un cambiamento ancora più evidente è quello a cui è sottoposto il secondo personaggio femminile; quella che nella versione teatrale era la Morte diventa qui una delle innumerevoli figure della morte, non più incarnazione, sebbene ironica, delle grandi paure dell’uomo ma piuttosto una figura di subalterna, quasi una segretaria, nell’immenso ed inconoscibile apparato che regola la vita e la morte degli esseri. Cocteau tiene a precisare:
La princesse ne symbolise pas la mort puisque le film est sans symboles. Elle n’est pas plus la mort qu’une hôtesse de l’air n’est un ange. Elle est la mort d’Orphée, comme elle décidera d’être celle de Cégeste et celle d’Eurydice. Elle est une des innombrables fonctionnaires de la mort. Chacun de nous possède sa mort qui le surveille depuis sa naissance.
Elle joue en quelque sorte le rôle d’une espionne chargée de surveiller un homme et qui le sauve en se perdant.
Inversione paradossale, la morte è presentata come una sorta di angelo custode: ne esiste una per ogni individuo mortale, che lo sorveglia dalla nascita. I tratti che distinguevano il personaggio della Morte nella pièce sono amplificati: alla sua bellezza ed alla sua straordinaria eleganza è aggiunto un titolo di nobiltà. Ai quattro personaggi principali se ne aggiunge un quinto, che avrà un ruolo ancora più importante nel Testament d’Orphée: Jacques Cégeste, giovane poeta di diciassette anni (ennesimo alter ego di Raymond Radiguet?), adorato dai nemici di Orfeo ed “assunto” dalla principessa alle proprie dipendenze. Da notare che Cégeste era il nome dell’angelo che subentrava a Heurtebise al momento della sua morte, nella poesia omonima.
Così come i personaggi, anche i rapporti fra loro sono differenti rispetto al 1925. Novità principale, la relazione sentimentale che intercorre fra la principessa ed Orfeo; essa raffigura in modo quanto mai esplicito:
cette profonde attraction des poètes pour tout ce qui dépasse le monde qu’ils habitent, leur acharnement à vaincre l’infirmité qui nous ampute d’une foule d’instincts qui nous hantent sans que nous puissions leur donner une forme précise ni les agir.
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