Orphée dal palcoscenico allo schermo
Parallelamente, Heurtebise è innamorato di Euridice. Né la principessa né il suo autista hanno il diritto di amare, e con il loro sentimento contravvengono alle leggi astruse che governano l’aldilà, seminando lo scompiglio nella tranquilla esistenza borghese di Orfeo ed Euridice. Con questa invenzione Cocteau arricchisce ancora la trama del suo soggetto, istituendo un ulteriore rapporto di tensione fra i due mondi; come Orfeo va verso la morte, verso l’altro mondo, così gli abitanti dell’altro mondo si avvicinano verso il nostro, lasciandosi invadere da sentimenti umani nei confronti di umani.
Nella contemporaneità in cui è ambientato il film, meno bozzettistica e stilizzata di quella del primo Orphée, la figura del cavallo è sostituita da un’altra, meno forzata e più attuale: un’autoradio. In effetti nel film vediamo Orfeo trascurare Euridice e il figlio che lei porta in grembo (altra novità dal carattere, ci sembra, un po’ feuilletonistico) e passare tutto il suo tempo nel garage, intento a captare e trascrivere gli strani messaggi emessi dalla radio della vettura della principessa. Autore di queste frasi misteriose è Cégeste, strumento della principessa, che utilizza lo stratagemma dei messaggi per attirare a sé Orfeo. Anche qui però, come per il cavallo, qualcosa rimane ambigua. In una scena del film vediamo Cégeste, collegato ad una ricetrasmittente, mentre trasmette un messaggio, e nell’inquadratura successiva Orfeo, nella rimessa, che riceve lo stesso messaggio. E’ dunque fuor di dubbio che sia Cégeste a pronunziare quelle frasi per distrarre Orfeo, nella scena in questione, e dare così il tempo alla principessa di prendere con sé Euridice. Ma all’inizio del film, quando Orfeo incontra per la prima volta la principessa e la accompagna verso lo chalet, il cadavere di Cégeste è nell’automobile e non è stato ancora compiuto il rituale per cui il giovane entrerà alle dipendenze della donna; tuttavia durante il tragitto la radio trasmette dei messaggi in tutto simili, per la loro incongruenza, a quelli che ascolteremo successivamente dalla voce di Cégeste. Anche nello chalet Orfeo, girando la manopola di una radio che si trova nella camera della principessa, sentirà gli stessi messaggi. Ma allora chi è che li trasmette? Essi non possono essere soltanto un’impostura ordita dalla principessa, poiché essi preesistono all’interessamento di questa per Orfeo. Dunque Cégeste potrebbe non essere che un veicolo attraverso cui essi arrivano nel mondo dei vivi, ma neanche questa ipotesi è sostenibile; infatti i letterati avversari di Orfeo accuseranno quest’ultimo di plagio ai danni di Cégeste, che allora utilizza, per trasmettere i messaggi, versi tratti dai suoi componimenti. La questione rimane aperta.
Veniamo ora ad occuparci di quello che ci sembra il momento culminante del film, cioè la scena in cui la principessa si sacrifica per dare al suo poeta l’immortalità. Dopo la seconda discesa, quella legittima, di Orfeo nell’aldilà, assistiamo al suo incontro con la principessa, oggetto del suo amore. Dopo che i due si scambiano una dichiarazione d’amore, bruscamente la donna si rivolge al suo aiutante:
LA PRINCESSE – Heurtebise, vous savez ce que j’attends de vous?
HEURTEBISE – Mais… madame…
LA PRINCESSE – C’est notre dernier pouvoir. Et il n’y a plus une seconde à perdre.
HEURTEBISE – Réfléchissez encore…
LA PRINCESSE – Il ne faut pas réfléchir, Heurtebise !
HEURTEBISE – Rien n’est plus grave, dans aucun monde.
LA PRINCESSE – Seriez-vous lâche ? – Elle se retourne vers Orphée
VOIX DE L’AUTEUR – La mort d’un poète doit se sacrifier pour le rendre immortel.
LA PRINCESSE – Orphée… Je te demande, une fois pour toutes, de ne pas essayer de comprendre ce que je vais faire. Car, en vérité, il serait même difficile de le comprendre dans notre monde.
In questo scambio drammaticamente teso sta tutto il senso del film, e forse di tutta la rivisitazione orfica di Cocteau: se è vero che il poeta è immortale, allora l’entità che presiede alla sua morte deve mettersi da parte, deve disobbedire agli ordini che riceve dall’alto, deve insomma sacrificarsi per offrire al poeta la vita eterna. L’operazione che Heurtebise e Cégeste, controllati dalla principessa, fanno subire ad Orfeo, è, come spiega Cocteau, “la mort infligée à un mort, donc qui le fait revivre”. E così, mentre i tre si accaniscono sul corpo di Orfeo, noi lo vediamo risalire indietro nel tempo, la scena della sua prima visita agli inferi si ripete all’inverso, ed eccolo riunito ad Euridice, prima che lei morisse. Il tempo trascorso viene abolito, e i due non conserveranno che un vago ricordo di tutto quello che (non) è successo. I due sposi sono riuniti, il nucleo familiare è ricomposto, i nemici sono messi a tacere. I protagonisti (ammesso che nel film Euridice abbia una parte da protagonista) si ritrovano anche questa volta, ma non nell’aldilà: essi possono ricominciare la loro vita dal momento in cui essa ha subito l’irruzione del paranormale. Tutto il resto non esiste più. E Heurtebise non manca di osservare, nella sequenza finale: “il fallait les remettre dans leur eau sale”. Prima di essere punito, insieme alla principessa, per avere turbato l’ordine che governa questo e l’altro mondo, Heurtebise si rassegna all’impossibilità di convivenza effettiva fra i vivi e i morti.
Un’ultima osservazione sulle novità introdotte da Cocteau nel film rispetto alla pièce: dei motociclisti che hanno un ruolo molto importante in Orphée. Essi sono i responsabili diretti della morte di Cégeste e di quella di Euridice, scortano l’automobile della principessa fino allo chalet, svolgono la funzione di uscieri nella sequenza del processo. I motociclisti si trovano al grado più basso della gerarchia che prosegue, nell’ordine, con Cégeste, Heurtebise, la principessa e i suoi giudici. L’origine della presenza di questi servitori della Morte nella storia di Orfeo va ricercata, ancora una volta, nella poesia. In Plain-Chant troviamo:
Rien ne sert de prier cette vieille statue,
De savoir ses desseins ;
Car ce n’est pas la mort elle-même qui tue.
Elle a ses assassins.
Ancora una volta la Morte è messa in relazione con la Statua, ma inoltre si parla dei suoi assassini: la Morte ha al suo servizio dei sicari che, per usare una terminologia da film noir, fanno il lavoro sporco al suo posto. In effetti nel film non vediamo mai la principessa uccidere: lei opera su persone già morte, o almeno già pronte a subire il rito che renderà effettivo il loro trapasso. Sono i motociclisti ad uccidere fisicamente Cégeste ed Euridice, mentre alla principessa tocca il compito di effettuare lo strano rituale che li lega per sempre a sé. Per confermare la loro subalternità essi ci vengono presentati anche come uscieri della corte infernale.
E’ giusto interrogarsi sul motivo per cui Cocteau ha scelto di rappresentare i dipendenti più umili della principessa come dei motociclisti. A livello simbolico, essi sono da mettere in relazione con i ciclisti, figure ricorrenti in Opéra e Léone. A livello psicanalitico, ciclisti e motociclisti sono sostituti dell’archetipo del Cavallo, presente nel primo Orphée e nel Testament d’Orphée. Proprio in quest’ultimo film il cavallo ha un ruolo molto importante: è un uomo-cavallo a condurre il Poeta nell’accampamento dei gitani, punto di partenza del cammino che lo porterà al cospetto della dea Atena quindi alla morte e resurrezione; sono appunto due uomini-cavallo che appaiono accanto ad Atena e che depongono in seguito il Poeta morto sul catafalco. Essi sono insomma le entità che nel Testament d’Orphée presiedono agli avvenimenti capitali dell’iniziazione del Poeta. Si riscontra quindi una gradazione, dal cavallo all’uomo-cavallo al motociclista. In Orphée il motociclista è vestito come un poliziotto, con stivali e guanti di pelle nera e divisa, incarnando uno degli stereotipi dell’erotismo omosessuale: viene così confermata la valenza sessuale della simbologia equina.
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